Barbara Bonomi Romagnoli | Autobiografia di una femminista: Laura Lepetit, libraia «distratta» che pubblica solo donne
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Autobiografia di una femminista: Laura Lepetit, libraia «distratta» che pubblica solo donne

Quante cose si potrebbero risolvere con le chiacchiere. Alle cose futili e deperibili create dalle donne non è mai stato dato alcun valore, mentre indistruttibili orrori prodotti dagli uomini ingombrano e imbruttiscono il nostro povero pianeta.

Uno scambio di battute all’insegna dello stupore. Lei si stupisce, anzi le suona strano che la parola «femminista» sia ancora circondata da un alone di negatività, non capisce perché sia così difficile da usare e sia, ancora, così scomoda. Non ne ravvede il motivo e allora si è definita «distratta» nel titolo del suo libro (Autobiografia di una femminista distratta, Nottetempo, 2016), per alleggerire questa pesantezza che ritiene ingiustificata e perché le sue memorie – di donna del Novecento che si innamora all’improvviso delle pratiche femministe – potessero dissipare i dubbi che ancora resistono. Lei è Laura Lepetit, classe 1932, libraia prima ed editrice poi, nel 1975 fonda la casa editrice La Tartaruga e sceglie di pubblicare solo donne, non necessariamente femministe, dando così la possibilità al pubblico italiano di conoscere molte delle più grandi scrittrici del nostro tempo: fra le altre Doris Lessing, Alice Munro, Gertrude Stein, Edith Warton, Virginia Woolf.

Da esperta di scritture femminili ha scelto la brevità per restituire stralci della sua vita, ricca di incontri, sfide, soddisfazioni, ma anche momenti di confronto aspro, come quello che la portò alla rottura con la sua amica Carla Lonzi, o riflessioni fugaci e argute sulla vita moderna, ricordi di esperienze condivise con altre, l’incontro con il femminismo tenendo assieme l’estrazione borghese di nascita e la novità della ribellione.

Dall’altra parte del filo, è mio lo stupore nel sentire non tanto la vivacità di una donna che racconta e scrive del tempo che passa e che descrive con ironia la vecchiaia, quanto piuttosto la fiducia e l’ottimismo sul tempo presente, con lo sguardo curioso rivolto anche a modelli femminili decisamente lontani dal femminismo degli anni Settanta, come le ministre del governo Renzi che Lepetit trova autonome e competenti. Dissentiamo su questo ma siamo d’accordo che il mondo delle donne sia in fermento. Perché Lepetit di una cosa è certa: le novità e gli imprevisti, ancora oggi, arrivano dalle donne: «Gli uomini sono ripetitivi, noiosi, fanno sempre le stesse cose – spiega con semplicità – Mentre le donne non si sono mai fermate. Se penso anche alla politica o ai temi di attualità come le questioni legate ai migranti, il pensiero va ad Angela Merkel che sta segnando la differenza. Oppure su tematiche sensibili, come la questione della maternità surrogata, le femministe sono ancora controcorrente, esprimono senza mezzi termini opinioni contrarie, come Luisa Muraro».

Tema scivoloso quello dell’uso del corpo, non crede che ci siano posizioni un po’ troppo dogmatiche su questo? Arrivare addirittura a chiedere che la gestazione per altre sia considerato reato? Altri femminismi si esprimono diversamente sulla questione…
«Io sono d’accordo con Muraro e resta che ogni donna è libera di fare quel che vuole. Ma il bello del femminismo è che ha sempre avuto molte sfaccettature; non è un’idea unica, né una dottrina o tantomeno un’ideologia».

A proposito di differenze, nel suo libro afferma che alle donne manca un’etica delle relazioni, «ricorriamo a sotterfugi, imbrogli e piccole bugie, uccidiamo senza saperlo, o peggio, con finta innocenza»…
«Sì, credo che abbiamo ancora pochi strumenti per combattere ad armi pari, siamo ancora poco libere e non abbastanza mature per gestire i conflitti. Del resto siamo nate da poco alla libertà; prima alle donne veniva richiesto di sviluppare qualità remissive. Adesso siamo meno prigioniere di queste gabbie ma non ancora completamente autonome»…

Eppure più avanti scrive che in America e in Europa regna la pace perché le donne hanno conquistato i diritti civili…
«
La mia è una constatazione sul fatto che nei luoghi dove le donne non sono oppresse non c’è la guerra».

Ma non crede che le forme dell’oppressione siano tante e presenti anche in luoghi, come i nostri, di pace apparente?
«
Farei un ragionamento diverso, credo che dove viviamo noi non siamo oppresse al punto da non poter andare in bicicletta o dover indossare il velo. Siamo fortunate? Penso piuttosto, come diceva Carla Lonzi, che la donna è preda; se togli la preda al patriarcato sei un pezzo avanti, e noi qui in Europa abbiamo la possibilità di farlo, anche solo di trattare e negoziare i nostri diritti. Bisogna saper leggere la realtà che abbiamo dinanzi».

Una realtà che ha modificato anche il nostro rapporto con la lettura e la scrittura…
«Sì, penso che la meraviglia di fronte alle nuove scoperte sia inevitabile. Credo che l’ebook sia un oggetto utile, ma che il libro cartaceo abbia tutte le carte in regola per continuare a sopravvivere e sedurre».

Così come seduce, nel leggere la sua autobiografia, la grazia di alcuni passaggi che suggeriscono di procedere non solo con lentezza ma soprattutto con gusto, perché la «salvezza è riconoscere e amare il desiderio nel suo piccolo».



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