Barbara Bonomi Romagnoli | C’era una volta il consultorio – scritto in collaborazione con Rosa Saugella
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C’era una volta il consultorio – scritto in collaborazione con Rosa Saugella

La notte del 21 febbraio scorso con una azione di attacchinaggio sono comparse donne di carta sui muri dei consultori di Bologna, in  via Sant’Isaia, via Montebello, via Tiarini, Pilastro, S.Orsola e in alcuni punti sparsi per la città ma di grande visibilità o importanza simbolica come Porta Mascarella, Porta Santo Stefano, l’ex Maternità di Via D’Azeglio.

Tante e diverse donne di carta come tante e diverse sono le donne in carne e ossa, che fanno scelte differenti sulla loro sessualità, sulla maternità, sulla contraccezione, sulla salute. “Adotta un consultorio” è una campagna di visibilità e comunicazione nata dall’intreccio tra gruppi, collettivi e singole: le donne-sagoma parlano dai muri dei consultori pubblici per ricordare che questi sono stati una loro conquista. Infatti una volta c’erano i consultori o almeno c’era un progetto politico e sociale che li sosteneva e apriva spazi e luoghi – non solo per donne, ma sicuramente non solo per famiglie o per donne in famiglia – dove era possibile parlare di sessualità e maternità responsabile, ma anche di prevenzione e rapporti tra sessi, per svincolare la sessualità dalla procreazione e tentare anche un diverso approccio rispetto alla salute delle donne. A distanza di trent’anni, il ruolo dei consultori, istituiti con la legge 405/75, è sempre più ridotto, mancano i finanziamenti e soprattutto è venuta meno la cultura che li caratterizzava. Nonostante siano luoghi pubblici, quindi in qualche modo laici, negli ultimi anni sono sempre più in balia di “movimenti per la vita” che cercano in tutti i modi di negare il diritto all’aborto o comunque intervengono fortemente a indirizzare la scelta delle donne, soprattutto le più giovani e inesperte. A mettere in pericolo l’autodeterminazione delle donne c’è anche l’opzione, prevista per la legge 194, dell’obiezione di coscienza da parte dei medici, che sono sempre più frequenti sia negli ospedali che nei consultori, anche nei casi di prescrizione della pillola del giorno dopo. Un fatto che spinge molte donne a tornare nella clandestinità nel caso di aborto, soprattutto le straniere che spesso incontrano maggiori difficoltà. Da una idea delle Maistat@zitt@ di Milano è nata la campagna “Obiettiamo gli obiettori” con la quale si vuole esercitare “il diritto di scegliere da chi farci curare, pretendendo un rapporto di fiducia, trasparenza e assunzione di responsabilità con la persona a cui affidiamo la nostra salute. Significa, quindi, pretendere dalle Asl, dai consultori e dagli ospedali l’elenco del personale medico-sanitario che pratica l’obiezione di coscienza”.
Più che una lista di prescrizione l’iniziativa vorrebbe essere anche uno strumento per denunciare il fatto che “l’accesso alle scuole di specializzazione in ostetricia e ginecologia è sempre più vincolato all'<atto di fede> dell’obiezione di coscienza. Chi si adegua ha una strada privilegiata per far carriera; chi invece non obietta è costretta/o a impiegare la maggior parte del proprio tempo a praticare aborti per sopperire alla scarsità di personale non obiettore. Per non parlare, poi, della cospicua fetta di finanziamenti pubblici destinata agli ospedali cattolici in cui non è riconosciuta la possibilità dell’interruzione di gravidanza”. Nei dati ufficiali si parla del 60% di obiettori tra i ginecologi italiani e soprattutto si evidenzia il netto contrasto tra l’aumento delle prestazioni nei consultori privati e il forte calo registrato in quelli pubblici. In Rete, nei forum e blog di discussioni, c’è chi avanza il sospetto che medici obiettori nei luoghi pubblici vadano poi ad operare in cliniche private. Effettivamente mancano controlli e sarebbe necessario verificare.
Una delle novità di queste campagne è che possibile scaricare dai siti web [vedi elenco in fondo] oltre ai materiali informativi anche i kit fai da te per riprodurre ovunque le azioni e le iniziative di sostegno. On line c’è anche il questionario “Come lo vuoi un consultorio ?” che riguarda la campagna di inchiesta nazionale, sostenuta da tutta la Sinistra Arcobaleno, che ha tra gli obiettivi la mappatura dei consultori presenti sul territorio nazionale e che intende principalmente capire come trasformali in luoghi davvero accessibili, aperti e riconosciuti come spazi privilegiati per la salute delle donne. Un progetto complesso, frutto di un lavoro che ha coinvolto diverse associazioni, tra cui Osadonna di Milano ma anche il Dipartimento Inchiesta di Rifondazione e che per riuscire ha certo bisogno di un grande coinvolgimento dei territori. Forse la domanda finale del questionario, quella più importante perché si riferisce a cosa e come cambiare, poteva essere articolata in maniera un pochino più semplice, considerato che si vuole arrivare alle più giovani oltre che a donne di diverse culture e formazione.

 



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