Barbara Bonomi Romagnoli | Immagini, suoni, sensazioni. E un modo femminista di guardare il mondo – intervista a Nada
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Immagini, suoni, sensazioni. E un modo femminista di guardare il mondo – intervista a Nada

Ha gli occhi che ti guardano senza esitazione e un piglio deciso ma mai aggressivo, non ha molto tempo a disposizione perché vuol prendersi cura della sua voce prima del concerto. E si capisce il perché, ascoltandola poco dopo interpretare molte delle sue ultime canzoni. Parliamo di Nada, l’artista livornese da decenni presente nel panorama musicale italiano e una delle interpreti più interessanti nella scena indipendente. L’abbiamo incontrata a Roma, in una delle prime date del nuovo tour teatrale che attraverserà la penisola per tutto l’inverno.

Si tratta di “Apertura” il nuovo progetto di Nada e Massimo Zamboni, a metà strada tra reading e concerto. Due mondi attigui, intimi e affini che si incontrano e si aprono uno all’altro, scambiandosi parole e musica. Lo spettacolo propone letture musicate, tratte dalle rispettive recenti pubblicazioni (Nada, “Le mie madri”, Arcana 2003; M. Zamboni, “Emilia parabolica”, Fandango 2004), insieme a canzoni dei due repertori interpretate e rivisitate coralmente dagli artisti.
Nel suo ultimo disco, “Tutto l’amore che mi manca”, Nada ha unito la sensualità del suo carattere con le coraggiose prose dei suoi testi e un uso della voce senza filtri o effetti speciali. Un lavoro nel quale le capacità artistiche sono messe a nudo e con esse si snoda una narrazione inedita di sentimenti condivisibili, ma sempre unici nel vissuto personale di ciascuno.

Nada cominciamo da questo nuovo progetto, qual é stata l’ispirazione per questa scelta particolare che unisce narrativa e canzone?
Io e Massimo ci siamo conosciuti quando ho cantato nel suo ultimo album e dopo quel lavoro abbiamo continuato a sentirci, mettendo in comune delle idee. E io, dopo la tournée di questa estate con il solito gruppo, volevo fare delle cose nuove, diverse, sentivo l’esigenza di raccontare nello spettacolo delle cose che riguardavano il libro e anche Massimo aveva scritto un libro… Così parlando abbiamo capito che avevamo idee simili sul concerto: mischiare la musica con la parola, tentare una specie di film, non nel senso di effetti, ma come sensazione di portare la musica a raccontare qualcosa in modo diverso. Anche se non c’è una storia vera e propria, nel senso di una trama, vedendo il concerto, attraverso il suono e la parola, si entra lo stesso in un mondo, una situazione…

Il titolo dello spettacolo è “Apertura”, che rimanda certamente alla vostra collaborazione. Si può parlare anche di apertura all’esterno, al mondo, dopo un percorso comune che ha visto i vostri ultimi lavori, musicali e editoriali, caratterizzati entrambi da una ricerca intima e molto radicata nell’interiorità?
Sì, certo: apertura interiore, al punto tale di arrivare ad aprirsi e a comunicare una esperienza che è la musica stessa, intesa come tutto: immagini, sensazioni, parole. Credo che la musica oggi deve essere vicina a tante cose, contaminarsi. Non è solo la canzonetta..
Parliamo del suo libro, ma anche delle sue ricerche musicali. Le donne, soprattutto nel libro, sono protagoniste di questo viaggio all’indietro nei ricordi ma sembrano anche l’approdo nel futuro. In questo percorso è stata influenzata anche dai movimenti politici delle donne? Li ha frequentati e in che modo?
Ho vissuto il periodo del femminismo e sono sempre stata d’accordo con l’idea che ci vogliono lotte e battaglie e che a volte bisogna alzare la voce, anche esagerando, anziché restare in disparte in silenzio, ma non ho mai partecipato attivamente. Ho fatto, direi, la mia vita da “femminista”, assumendo le mie responsabilità. Ho sempre pensato e agito con la mia testa, all’inizio istintivamente quando ero piccola, poi ho sempre lottato per quello che volevo. E’ il mio carattere, il mio modo di essere… Adesso, se osservo le nuove generazioni, mi sembra quasi che non sia servito a nulla…

Secondo lei, c’è una specificità di “genere” nell’espressione artistica, non solo musicale, delle donne? e in che cosa si manifesta?
Sicuramente, siamo diversi ma con gli stessi diritti, è strutturale ed è bello, perché la differenza è uno scambio, non penalizza ma arricchisce. Io mi sento fiera di essere diversa e credo valga viceversa. E’ bello avere punti di vista differenti, ci si aiuta e ci si sostiene. In alcuni casi ci si avvicina anche…
Penso che la donna sia tuttora in difficoltà. Per capire che, oltre all’essere madre e sorella, c’è dell’altro c’è voluto e ce ne vuole. Farlo venire fuori non è semplice, l’importante è vederla in positivo non come recriminazione, come inferiorità…

Anche la passione erotica, a volte vista come modalità femminile, sembra essere all’origine di molte delle sue canzoni più famose…
(Ride)… Un po’ ce l’ho di natura, un po’ per quello che mi è capitato nella vita…

Ha sperimentato tanto nel suo percorso artistico, con “Tutto l’amore che mi manca” si aggiunge un altro tassello dove la voce è protagonista essenziale, da dove nasce questa scelta?
E’ stato John Parish, che ha davvero fatto il produttore, a decidere di lavorare, come dire, a togliere… senza aggiungere nulla a quello che ero. Non aveva preconcetti, non mi conosceva, ha tenuto la voce nuda e cruda così come quando la registro in casa, tant’è che gli ho mandato i miei provini casalinghi e lui su quello a scelto. E’ stata, secondo me, la scelta vincente, aldilà della musica e delle parole. Decidere di tenere la voce al naturale, ed è stato bravissimo in questo.

In lavori precedenti ci sono collaborazioni con molti artisti che fanno essenzialmente jazz, qual è il suo rapporto con il jazz, è solo casuale?
Sì effettivamente sono incontri casuali, ma quando i musicisti sono bravi è sempre bello lavorare insieme. Il jazz mi piace, anche se non sono preparata. Non è detto, magari un giorno mi verrà voglia, non si può mai dire… La musica è talmente bella e ci sono tante cose da scoprire.
Faccio questo lavoro da trent’anni e non so ancora per quanto lo farò, ma non posso certo fare sempre le stesse cose… sennò andavo a lavorare in banca.

pubblicato su Aprileonline, www.aprileonline.info



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