Barbara Bonomi Romagnoli | Sabato tutte in piazza da protagoniste 24 novembre 2007 – manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne
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Sabato tutte in piazza da protagoniste 24 novembre 2007 – manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne

A scorrere le adesioni verrebbe voglia di chiamarle ad una ad una. Tutte le associazioni, i centri, i collettivi e i gruppi di donne e le singole che disegnano la geografia del complesso movimento che arriverà a Roma il 24 novembre, per la manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne. Sono tante le storie che non conosciamo e che restano spesso nell’ombra, nonostante producano saperi e pratiche e riescano laddove spesso la politica istituzionale non arriva o non vuole entrare.

Tutto è cominciato un po’ meno di un mese fa, quando un gruppo di donne da Roma ha lanciato un appello per dire a chiare lettere che il «costante aumento di violenza maschile sulle donne e di femminicidi, che avvengono soprattutto in contesti familiari» va fermato subito, ora. Senza scappatoie mediatiche o strumentalizzazioni sul corpo femminile. Per dirla con uno degli slogan del 24, “No al sessismo, no al razzismo”, perché è necessario anche smontare inequivocabilmente il binomio violenza-migranti. Come se i nostri padri, fratelli, amici, compagni, fidanzati, nonni e tutti i maschi autoctoni fossero estranei ai fatti (in molti casi alle morti). Le donne di Roma sono partite da qui per costruire un percorso che ha coinvolto da subito collettivi femministi (tra cui Le mele di Eva, Infinite voglie, A/matrix, Le ribellule, Il ventidue, Luna e le altre, il Martedì femminista), associazioni come l’Affi, Donne in genere e Differenza donna, ma anche singole donne, fuori e dentro le istituzioni. Vitale nel percorso il sito www.controviolenzadonne.org, da subito punto di riferimento per le tantissime adesioni, lo svilupparsi del dibattito, l’intrecciarsi di voci nel blog. Per capire bene cos’è successo bisogna buttare un occhio alle assemblee (romane e nazionali) che si sono succedute nel giro di queste tre settimane: sempre più affollate, partecipate, combattute. Per decidere, organizzare, definire, discutere: punto per punto, passaggio per passaggio, a partire dalla bollente questione separatismo sì, separatismo no. Racconta, tra le promotrici, Fabiola Correale de Le ribellule, gruppo di studenti universitarie di Roma, che «se da trent’anni non c’è una manifestazione di donne sulla violenza un motivo ci sarà; e allora noi abbiamo pensato di costruire insieme ad altre un processo di partecipazione davvero reale e innovativo, mettendo insieme differenti percorsi che hanno trovato un modo per stare assieme e dire cose chiare: no alla risposta securitaria che proviene dalle forze partitiche, ribadire che la violenza parte dalla famiglia e non ha confini e sottrarci a qualunque tipo di pacchetto sicurezza». Un segnale chiaro dunque, a cui hanno risposto in molte. Abbiamo raccolto alcune voci da tutta Italia per capire chi sono le donne che preparano e daranno vita alla manifestazione. Tiziana Dal Pra arriverà da Imola, insieme alle donne del centro interculturale Trama di terre, che da solo si è organizzato con un pullman, per dire che «la violenza sulle donne non ha cultura perché esprime una cultura a sé stante, esprime un rapporto di potere che attraversa la società e che si fa valere sui corpi delle donne. Sia essa perpetrata dal branco o nel silenzio delle mura domestiche. Ci fa paura, ma è necessario ed è possibile dire con forza, insieme, No». Le donne native e migranti di Trama avranno uno striscione multilingue per il quale hanno fatto proprio lo slogan ideato dal Coordinamento migranti: “La violenza sulle donne non ha colore né religione né cultura. Ha solo un sesso”. Da Bologna arriva Barbara Mazzotti, studentessa di Filosofia, che ha aderito sia come singola che come Rete delle donne di Bologna e come appartenente al collettivo femminista Figlie femmine. «Sarò alla manifestazione per protestare contro la visione distorta che la società italiana dà della violenza misogina – spiega Barbara – Ad ogni episodio di violenza la società “machista” risponde con la caccia all’uomo nero (per non dire rumeno o di qualsiasi altra appartenenza etnica o sociale). Il mondo che ha creato questo evento è un mondo autoconvocato, con tutte le sue interne contraddizioni, ma vuole essere unito nella denuncia, spero nel rispetto delle differenze, che dovrebbe essere oramai una priorità del femminismo». Il collettivo Figlie femmine, nato dopo le esperienze delle occupazioni delle facoltà bolognesi dell’autunno 2005 è, tra l’altro, impegnato a seguire con attenzione il caso di un processo per stupro che è stato caratterizzato da presidi a sostegno degli stupratori e pesanti diffamazioni nei confronti della ragazza. «Per questo – aggiungono le ragazze – dopo Roma, il 27 novembre saremo presenti sotto il tribunale di Bologna per sostenere questa e tutte le donne che denunciano le violenze subite». Delle tante associazioni di donne lesbiche e delle realtà Glbt, a Roma sarà presente anche Fuoricampo Lesbian Group, una associazione nata nel 2002 per la produzione, promozione e divulgazione della cultura lesbica e femminista. Spiega Luki Massa dell’associazione che loro in particolare denunciano «l’aumento della violenza contro le lesbiche volta a imporre una norma eterosessuale che riconosce nella famiglia tradizionale l’unico modello possibile. Famiglia che è la struttura patriarcale per eccellenza, luogo maggiore di violenza sessuale, fisica e psicologica, e difesa fortemente dalle istituzioni religiose, da vecchi e nuovi fascismi e da tutti gli schieramenti politici. Per questo il nostro striscione avrà la scritta “Contro la violenza lesbofobica visibilità lesbica”. Luki sottolinea anche come sia molto importante «una manifestazione nata dal basso e il fatto che sia separatista è un atto forte, autodeterminato e coraggioso. Finalmente le donne e le lesbiche anche se solo per un giorno si riprendono simbolicamente la strada e la piazza per denunciare una guerra non dichiarata contro donne e lesbiche, un vero e proprio femminicidio». La presenza degli uomini alla manifestazione è un tema molto dibattuto e non tutte sono d’accordo con la posizione ”separatista”. Il comitato promotore che si è riunito in assemblee romane e nazionali ha sempre parlato di manifestazione «di donne per le donne», sottolineando l’importanza della radicale presa di parola pubblica delle sole donne e al contempo dando la possibilità di scendere in piazza ognuna con le proprie modalità, non necessariamente riconducibili alle pratiche separatiste degli anni Settanta. Su questo c’è chi ha ancora delle perplessità come Antonietta Davoli del centro antiviolenza di Nuoro, che ha aderito ugualmente perché ritiene importante «dare visibilità alla disparità tra i generi, sottolineare che le donne scontano più degli uomini la mancanza di lavoro e allo stesso tempo su di loro ricade sempre il lavoro di cura anche in quelle famiglie dove avvengono le violenze. Però appunto avrei ragionato di più sulla presenza degli uomini perché ritengo che la violenza sia un problema sociale, che riguarda tutti e che le decisioni si prendono in luoghi misti. Come è il caso di alcuni enti locali qui in Sardegna, in maggioranza composti da uomini, che non solo hanno aderito alla manifestazione ma hanno sottoscritto, come il comune di Nuoro, il protocollo con le pari opportunità. Forse ci voleva un po’ di tempo in più per ragionarne. Ma intanto veniamo a Roma il 24». Marina Pasqua del centro antiviolenza di Cosenza pensa che «c’è tanta rabbia per la frequenza dei casi di violenza, che è vero che non sono una novità, ma bisogna dare risposte politiche forti. Non si può aspettare oltre, è necessario fare delle norme sullo stalking e soprattutto riconoscere e sostenere economicamente il lavoro e il ruolo svolto dai centri antiviolenza». Da Napoli arriveranno con pullman che come sottolinea Stefania Cantatore dell’Udi sono autofinanziati. «Abbiamo lavorato come sorelle tra donne di varia provenienza spiega Stefania – per essere a Roma perché pensiamo che sia urgente intervenire, lavorare ad una legge di sistema come quella spagnola e vorremmo anche ricordare che nei vari pacchetti giustizia-sicurezza noi donne non siamo mai state interpellate. Sicuramente si sta allargando l’orizzonte anche grazie al lavoro della campagna 50&50 fatta dall’Udi sulla rappresentanza, ma bisogna continuare e ripetere che la questione violenza è radicale e si regge sul patriarcato». Una presenza numerosa sarà quella lombarda, movimenti e istituzioni insieme si sono uniti per finanziare pullman e arrivare in treno a Roma. Per Cristina Pecchioli di Usciamo dal silenzio: «è importante che le donne riescano a parlare a tutti. Noi vogliamo sottolineare come causa di violenza i rapporti di potere tra i sessi. Per questo il nostro striscione avrà la scritta “Non toccate la nostra libertà”, perché pensiamo che la libertà è la misura della democrazia e della civiltà». Aggiunge anche che «in un periodo di silenzio della politica su questo tema, è stato un vero atto di coraggio quello di aver deciso di fare una manifestazione. Una buona assunzione di responsabilità da parte delle giovani». E tra le più piccole c’è anche la figlia di dieci anni di Paola Ghandin che arriva da Gorizia. «Verrò con la mia bambina, spero ce ne siano altre, e con un cartello con scritto “Mai stata una costola”. Qui in Friuli è il coordinamento pari opportunità che sta organizzando la discesa a Roma. Io faccio parte di una associazione che si chiama La que sabe, che si occupa principalmente di disagio mentale delle donne, che si intreccia con il tema delle violenze, fisiche e psicologiche. Vorremmo raccogliere le firme per avere una legge come quella spagnola e pensiamo che Roma sia una grande occasione per fare rete e diventare sempre di più».  


pubblicato su Liberazione, www.liberazione.it



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