Barbara Bonomi Romagnoli | Sommovimento femminista ai tavoli – scritto in collaborazione con Rosa Saugella
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Sommovimento femminista ai tavoli – scritto in collaborazione con Rosa Saugella

La voce si è sparsa in meno di ventiquattro ore.
“140208 h.17 sit in delle donne al Ministero Salute Lungotevere Ripa1 Roma in difesa legge interruzione volontaria della gravidanza. FAI GIRARE QUESTO SMS” : questo il messaggio che ha tempestato i telefoni delle donne di Roma, all’indomani del blitz della polizia nell’ospedale di Napoli, dove una donna aveva appena effettuato un aborto terapeutico.

È bastato il passaparola, tramite sms, telefonate e qualche email, e in diverse città (tra cui Roma, Napoli, Firenze, Milano, Palermo, Ancona) si sono tenuti presidi spontanei non autorizzati e molto partecipati. Tantissime donne, e qualche uomo, che non rinunciano a prendere parola pubblica per difendere la loro autonomia e autodeterminazione. Non è stata soltanto una reazione immediata ad un fatto ritenuto grave da molte parti dell’opinione pubblica. La risposta così forte è frutto di un lavoro che va avanti da alcuni mesi, anzi da anni. Nonostante, infatti, si sente ripetere che le donne, in particolare le femministe, tacciono e sono ferme dinanzi agli attacchi ai loro diritti acquisiti, in realtà il movimento delle donne è in pieno fermento. O come preferiscono dire le protagoniste è in costante sommovimento.
Negli ultimi mesi due momenti importanti, la manifestazione contro la violenza maschile sulle donne del 24 novembre e l’assemblea nazionale che si è tenuta a Roma il 12 gennaio, hanno costruito una rete composta da tante realtà differenti e complesse: femminismi vecchi e nuovi, che in comune hanno soprattutto il desiderio di fare politica con pratiche dal basso, condivise, partecipate e radicate nel territorio.
Il prossimo appuntamento delle femministe e lesbiche è per il 23 e 24 febbraio, sempre a Roma, per due giorni di approfondimento, conoscenza reciproca e scambio. Centinaia di donne si ritroveranno in un incontro che avrà di nuovo un taglio separatista, così come era stato per la manifestazione di novembre. Una scelta e una modalità sui cui si è discusso a lungo, e si continuerà a farlo, ma che non impedisce la voglia di confronto e riflessione comune.
Le Maistatezitte di Milano, le FiglieFemmine, collettivo universitario di Bologna, Le ribellule di Roma, giovanissime, le Degeneri femministe di Napoli, ma anche il Centro Donna Lisa di Roma, l’Arci Lesbica, l’Osservatorio Salute Donna, le lesbiche dell’associazione Fuoricampo, Il paese delle donne periodico femminista online, la Rete delle donne di Bologna, A/matrix con le sue galline ribelli, le cyborg femministe di Feramenta, la Libera Università delle donne, La que sabe di Gorizia e le Mafalde giovani torinesi sono solo alcuni dei tantissimi nomi che in questi giorni hanno aderito.
Nella prima giornata di sabato sono previsti almeno sei tavoli che affronteranno nello specifico alcuni temi: contrasto alla violenza maschile, in particolar modo quella domestica; politiche di controllo sui corpi delle donne (legge 40 e attacchi alla legge 194); media, linguaggi e immaginari; lavoro, precarietà, smantellamento del welfare; critica della cultura patriarcale; violenza dell’eterosistema, lesbismo e politica.

Molte altre tematiche sono rimaste fuori dai tavoli ma non è escluso che entreranno poi nell’ordine del giorno e che possano comunque essere proposte durante l’assemblea plenaria che si svolgerà la domenica (altre info su luoghi, orari e contenuti dell’incontro sono su http://flat.noblogs.org).
Parteciperanno donne di associazioni, collettivi, centri antiviolenza, singole, alcune che fanno politica già separatista e chi invece fa parte di gruppi misti. Le esperienze che si intrecceranno saranno molteplici e uno degli obiettivi dell’incontro è proprio quello di cercare un terreno comune di ricerca ma anche di pratica politica.
Appare evidente dalla scelta dei tavoli che l’attuale movimento delle donne intende rendere manifesti i nessi che legano la precarietà lavorativa ed esistenziale della nostra epoca con gli attacchi continui alla laicità, ai diritti delle donne, all’ingerenza vaticana accolta senza problemi da quasi tutte le forze politiche istituzionali. Il punto di partenza sono le esigenze materiali dei corpi (la possibilità di avere un reddito, una casa, un lavoro, ma anche il tempo per realizzare i propri desideri) per contrastare politiche economiche e culturali che mettono al centro solo le famiglie eterossessuali, possibilmente benestanti.
Questo approccio è sicuramente il filo rosso che lega le donne che, anche solo per motivi anagrafici, con il femminismo storico non hanno nulla a che fare e le protagoniste degli anni Settanta, alcune delle quali si sono lasciate trasportare dai nuovi fermenti, altre invece osservano a margine ancora con un po’ di scetticismo. Non c’è dubbio che le differenze ci sono e si sentono. La pratica dell’autocoscienza non è più intesa “come orizzonte di riferimento teorico e politico” o comunque non come l’unico; il movimento glbt (gay-lesbiche-bisex-trans) e queer ha scompigliato maggiormente la relazione tra sessi e generi, e ha perso appeal la filosofia della differenza con la sua speculare genealogia del genere femminile rispetto al patriarcato; la globalizzazione e la precarietà hanno ridisegnato limiti e confini della vita delle persone e sono le donne a pagarne il prezzo più alto; la biopolitica ha scelto il corpo delle donne come suo privilegiato campo di battaglia e sono sempre gli uomini a gestire potere e controllo sulle vite materiali.
Inoltre c’è una forte esigenza da parte di molti collettivi e gruppi di recente formazione di lavorare sul linguaggio e sull’immaginario, che si è modificato con le nuove tecnologie. Le nuove femministe comunicano spesso via email, mailing list e blog, ma è ancora forte il digital divide, per questo il 23 è previsto anche un workshop gestito dal tavolo sui media per dare strumenti e conoscenze a tutte per usare le nuove tecnologie.
Si vorrebbero trovare parole nuove e facili da comunicare per smascherare il simbolico che c’è dietro l’immaginario diffuso nell’opinione pubblica, tentare di smantellare l’impianto maschilista e sessista che continua a permeare le strategie comunicative del nostro tempo, dalle pubblicità al sogno delle giovanissime di diventare veline, fino alla politica istituzionale fintamente interessata ad assumere il punto di vista femminista, se non in chiave politicamente corretta o politicamente conveniente. Si avvicina l’8 marzo e già sindacati e istituzioni hanno deciso di celebrarlo, chissà invece cosa sta tramando il sommovimento femminista.

pubblicato su Left, www.avvenimentionline.it



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